venerdì 23 dicembre 2011

Quando il virus ci mette lo zampino...

Eccomi qui alle 20.30 del 23 dicembre: in pigiama, appena uscita dalla doccia, che mi scaldo un minestrone purificante mentre Mr Owl si prepara per andare al tradizionale glamour party di amici a cui ho rifiutato di accompagnarlo. Avrei almeno dovuto farmi una piega decente per il weekend, invece niente, ho il tipico fungo atomico di quando lascio che i capelli si asciughino naturalmente, in tutto il loro crespo splendore.
Davvero non ce la posso fare. Il mio sogno proibito per stasera è leggere un po' davanti al camino e fare le 11.00 massimo... Woohhooooo, che botta di vita eh? Se avete qualche amico neogenitore che rimpiange la vita sociale dei trentenni senza figli fatelo passare pure di qua che l'invidia gli passa in un attimo ^^'

Sono tornata triturata, macinata, tramvata dalla trasferta: due giorni a spasso per l'Appennino tosco-emiliano, scavallando allegramente e ripetutamente il confine tra Emilia, Toscana e Liguria per battere ogni strada secondaria e valico di montagna. Ho capito perchè al colloquio mi era stato chiesto se soffrivo il mal di macchina ;) Direi che era un requisito fondamentale per ottenere questo lavoro, insieme a una certa padronanza dell'arte di "dormire a comando": tipo abbiamo davanti dieci minuti di macchina in cui non ci sono telefonate nè email da scrivere, beh, sfruttali dormendo, perchè stanotte andremo a letto tardi (come se il sonno si potesse accumulare in una gobba da cammello!)

Comunque, al di là della stanchezza, sono stati due giorni piacevoli. Ho visto la prima neve dell'anno (era ora!), sono stata lontano da telefono e computer e ho mangiato pesce sulla marina di Rio Maggiore - all'aperto perchè faceva più mossa, anche se io avevo la sciarpa fino alle orecchie (ma si sa che sono fuori moda da quando son nata)

Il mio capo è molto carino e anche la mia collega (che sto ancora studiando) è stata in generale simpatica. Certo, ci sono stati momenti in cui mi sono sentita un po' un'aliena, come ad esempio quando la mia collega si lamentava del fatto che due eventi storici, a cui ha sempre partecipato, quest'anno si tengano nella stessa settimana: continuava a sottolineare il suo cruccio per l'impossibilità di presenziare ad entrambi e a chiedere aiuto al capo su cosa scegliere. Io non avrei avuto dubbi: trattandosi di un fine settimana, avrei desiderato ardentemente di NON andare nè a uno nè all'altro ;D
Se qualcuna pensa che volesse solo fare bella figura davanti al capo, temo proprio di dovervi deludere: era proprio sincera! Da lì è partito il mio studio silenzioso, una specie di indagine antropologica della "collega che vive per il lavoro". Cosa c'è alla base? Dedizione? Autentica passione? Insicurezza? Un estremo senso del dovere? Una vita di mer*a? Una cotta per il capo? Semplicemente il fatto che sia una dipendente più brava di me? Un po' di tutto questo?
Sto ancora studiando il caso, ma un episodio in particolare mi ha dato molti spunti di riflessione. In macchina (ovviamente: ci abbiamo messo radici su quei sedili) capo e collega parlano di un tale che è appena stato licenziato anche se è molto bravo. Il capo vorrebbe aiutarlo nella ricerca di un nuovo lavoro ma salta fuori che tizio è "molto stanziale", detto come se fosse una nuova malattia rara. Il capo racconta alla collega di come un impiego che gli era stato proposto prevedesse di stare una settimana in Italia, una in Europa dell'est e una in Africa. La collega prima lo guarda come per dire "Wow!" poi scuote la testa sospirando "Sì, ma lui non sarebbe mai adatto", di nuovo, come se parlasse di una menomazione che impedisce al povero tizio di esprimersi in una normale performance lavorativa. Da lì parte una discussione tra i due su come, "si spera", da questa brutta esperienza tizio imparerà ad adattarsi, anzi a svegliarsi, perchè "al giorno d'oggi non si può mica dormire, bisogna essere disponibili, sul pezzo, senza tante balle". Insomma, come se una persona non avesse il diritto di scegliersi una vita stanziale, di preferire un impiego in ufficio a un lavoro da nomade. Ancora peggio, come se l'unica dote che un lavoratore possa avere sia 'sta benedetta flessibilità. Dove sono finite la ricchezza dell'animo umano, le sfaccettature e la complessità di ognuno di noi, il fatto che tutti abbiamo delle qualità diverse gli uni dagli altri? Non è forse vero che ci sono bravissimi tecnici che non hanno spiccate doti relazionali ma sono dei fenomeni in laboratorio, oppure amministrativi precisissimi che preferiscono la monotonia della fatturazione agli stimoli di un lavoro sempre diverso, o ancora impiegati di back office che non amano allontanarsi dal loro ufficio eppure svolgono il loro lavoro egregiamente? Va bene la solfa della flessibilità, ma adesso non vorremo mica credere che l'unica dote lavorativa sia la disponibilità a viaggiare e a fare straordinari oppure la parlantina con i clienti spero!
Poi, se diciamo che in questo periodo di crisi siamo tutti costretti ad adattarci, a ritagliarci dei ruoli che per natura non sarebbero propri del nostro carattere, allora sono d'accordo. Ultimamente bisogna considerarsi fortunati ad averlo un lavoro. Non si può certo fare gli schizzinosi e rinunciare a una proposta perchè non ci piace, non ci gratifica, ecc. Ma aggiungo un grande "purtroppo". Non dovrebbe essere così. Tutti noi dovremmo poter fare il lavoro che si adatta di più alle nostre caratteristiche e che ci permette di sfruttare le nostre qualità migliori. In questo modo saremmo dei lavoratori migliori e delle persone più realizzate.
Ecco. Mi ribello silenziosamente a questo sistema malato e rivendico il diritto di pensare che non sia così che deve andare. Poi mi adatto in nome di un contratto a tempo indeterminato, ma se me lo chiedete vi dirò la verità su come la penso. Solo, per favore chiedetemelo dopo che è terminato il periodo di prova, ok? ;)

P.S.
Mi sono accorta di aver tralasciato l'argomento che aveva dato il titolo al post ^^'
Ebbene, arrivata sana e salva all'ultimo giorno di lavoro, riuscita l'impresa di sbrigare tutti i regalini senza stress e senza infilarsi nella bolgia urlante nei negozi, preparati tortellini e biscotti con anticipo e piacere, cosa può succedere ancora? Che il 23 dicembre tua zia si becchi il temibile virus gastrointestinale e che quindi, nell'ordine: salti la cena della Vigilia a casa sua, la famiglia sia dimezzata e il giorno di Natale i tuoi genitori si trovino soli con la Nonna Strega e lo Zio Putto. Immagino che non ci sia bisogno di descrivere l'ira funesta di mamma pettirosso che si trova a festeggiare con la temibile suocera e senza l'unica figlia, ospite a casa dei genitori di Mr Owl O_o
E per fortuna questo è il periodo più bello dell'anno, quello che si aspetta da gennaio!

4 commenti:

  1. Io ho da tempo preso a considerare il sonno come un'entità a sassolini che devi mettere da parte. Appena puoi, ne metti da parte dei minuti, o delle ore se puoi, come se mettessi sassolini in un barattolo. Per cui sì, cerco di dormire appena posso - purtroppo non ci riesco più come un tempo nonostante la stanchezza sia molto peggio di un tempo!

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  2. ciao
    passo di qua per mandarti gli auguri di buon Natale.

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  3. Ciao Robin, sinceramente io non ho parole. Sono d'accordo sul tuo punto di vista, d'accordissimo, anche se con una buona dose di amarezza... mi viene solo da aggiungere la solita frase retorica, che purtroppo oggi dipinge la realtà: non si dovrebbe vivere per lavorare, ma avere tutta una vita da coltivare al di là del lavoro. Invece siamo valutati come persone in base alla nostra capacità di comportarci come "macchine" produttive nei vari campi. :-(((

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  4. lasciamo stare, va'... come ti capisco... virus di ogni genere!!!

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