lunedì 26 novembre 2012

Giorni un po' così

Latito da un po' di tempo, lo so.
Sono giorni inquieti questi ultimi sprazzi d'autunno, momenti in cui i vecchi fantasmi tornano a farmi visita e non vogliono andarsene, nonostante lo sappiano anche gli spiriti che dopo un po' l'ospite diventa sgradito, anche se è un conoscente di vecchia data ;)
Pomeriggi in cui non hai nemmeno la voglia di toccare un dolce e allora ti stordisci di musica buona, rassicurante, quella che sai di amare anche se in quel momento non riesce ad arrivare al tuo cuore spaventato. Giorni in cui è quasi confortante tornare in ufficio e sedersi alla scrivania per riprendere il tran tran di chiacchiere, riunioni e pianificazione dei prossimi eventi.
Il bello di queste tempeste emotive è sapere che, prima o poi, passano. E mentre aspetti che la bufera si sposti un po' più in là cerchi di ricordare i piccoli piaceri che nonostante tutto illuminano i tuoi giorni e di cui non devi osare dimenticarti:

- Una trasferta a Firenze, con sopralluoghi in hotel lussuosi dove è poco probabile che saresti entrata altrimenti. E un pranzo all'aperto, baciati dal sole, al circolo dei canottieri che si trova in riva all'Arno giusto a mezzo metro dal Ponte Vecchio.
- Una bellissima avventura che inizia (e per seguirla meglio ho anche aperto, udite udite, un account twitter!) e un'altra che si è appena conclusa nel migliore dei modi.
- Sentirsi brava perchè sei riuscita a strappare ottime tariffe (tu che nella vita privata non contratti neanche morta) e perchè hai trovato cinque nuovi clienti (che in realtà è stata più una BDC che fortuna, ma non perdiamoci nei dettagli).
- Un breve corso di russo, lingua che mi incuriosisce da tempo.
- L'affetto di molte persone che scrutano il tuo viso e sono pronte a raccoglierti appena ti senti giù. E non è cosa da poco anche se la si dà per scontato troppo spesso.
- Una collaborazione tanto imprevista quanto piacevole.
- La consapevolezza che la malinconia è di casa in ogni nido, perchè prima o poi everybody hurts.

Però ci sono sempre, eh? E, anche se non ho tanto da dire, passo sempre dai vostri blog :)

giovedì 15 novembre 2012

Come montare un IVAR angolare IKEA - senza lasciarci le penne

Già questa avventura all'IKEA era nata male: domenica dovevamo goderci allegramente un mercatino dell'antiquariato specializzato in vecchi spartiti (e va beh, magari avrei potuto trovare anche qualcosa di interessante per me, ad esempio la plafoniera per il corridoio, visto che la lampadina penzola ancora tristemente dal muro da tre anni ^^') e invece ci svegliamo sotto il diluvio.
Poco male: i piani A esistono solo per trasformarsi con disinvoltura in piani B, giusto? E cosa c'è di meglio di una domenica piovosa trascorsa all'IKEA? Ecco, immagino sia la stessa brillante idea che hanno avuto un milione di miei concittadini, dato che alle quattro del pomeriggio non si trovava un posto non dico nel parcheggio dell'IKEA, ma neanche in quello del magazzino di fianco, o dal benzinaio, o sulla rotonda O_o
Ma ultimamente Robin ha affinato una tecnica zen da fare invidia: quando sono fuori dall'ufficio voglio godermi ogni attimo del meritato riposo e non permetto a niente di rovinare la mia "vacanza". E quindi inner peace in modalità on: chissene se bisogna camminare lentamente perchè davanti alla fila c'è la nonnina col deambulatore che scruta ogni singola padella, chissene se ci metti più tempo alla cassa che a riempire il carrello, chissene se l'ultimo pacchetto di candele rosse l'ha preso la signora davanti a te (ecco, qui confesso che uno sguardo omicida mi è partito) chissene se lo scaffale che hai comprato è troppo lungo per la tua macchina e devi praticamente smontarla per riuscire a chiudere il baule E far entrare tua madre nel posto del passeggero senza ripiegarla come un origami.
Sì perchè Mr Owl si è guardato bene dal venire con me. "Devo lavorare" è stata la scusa ufficiale, ma dal sorrisino con cui mi faceva ciao ciao mentre mi avviavo al fronte deduco sapesse esattamente cosa si perdeva!

Ecco, dicevo. Dopo un primo round così, dovevo intuire che il secondo non sarebbe stato da meno. 
Il primo step di montaggio consiste nello svuotare lo scaffale che c'è già per spostarlo nell'altra parete. Fase che riserva molte sorprese: ad esempio, sapevate che abbiamo due scovolini da water di ricambio? Io no. Ho scoperto anche che possediamo una ventosa! Toh è non dev'essere la prima volta che dimentico di averla, visto che alla spicciolata nel saltano fuori altre due tre. Dopo varie carrambate simili lo scaffale è vuoto e pulito. Abbiamo, è vero, il problema che tutto lo spazio vitale della lavanderia è occupato dalle cianfrusaglie prima accalcate sopra quei quattro ripiani, ma Robin è una ballerina e, in quanto tale, agile come una gazzella per definizione: saprà sicuramente destreggiarsi con grazia in quel casino infernale. 
Ecco quindi che fa il suo ingresso nella lavanderia il temuto IVAR angolare. Vorrei attirare la vostra attenzione su un particolare non di secondo piano: sul sito dell'IKEA, alla pagina IVAR, non troverete l'immagine del pezzo angolare e non è un caso. Chiunque abbia avuto a che fare con quello scaffale infernale (staff IKEA incluso, quindi) sa che montarlo da soli è qualcosa che sfida le leggi della fisica, a meno che non siate una piovra o la dea Kalì.
Ma a Robin rimaneva una considerevole scorta di inner peace, quindi con ottimismo ha pensato di riuscire a farcela, con calma e pazienza, in un qualsiasi dopolavoro, mentre aspettava Mr Owl per cena. Per dovere di cronaca, vi avverto che la pazienza, la calma e l'ottimismo si dissolveranno una decina di secondi dopo, esattamente quando sarete lì come Atlante che regge in equilibrio precario un piccolo cosmo costituito da: un ripiano in bilico sulla testa come le anfore delle donne africane, due montanti traballandi retti da altrettante mani, il montante d'angolo tenuto contro il muro col ginocchio. Ed è in quel momento magico che l'ultimo montante deciderà di franare sul freezer, dove avevi appoggiato una marea di candele e lanterne, facendo cadere il portalume più grande del gruppo che si fracasserà a terra sparpagliando vetri dappertutto. Ma la cosa peggiore è che, in tutto 'sto casino, uno dei perni su cui deve appoggiare il ripiano che ancora reggi in testa cade tintinnando e si mimetizza tra i cocci di vetro. Ovviamente senza quel piccolo, insignificante perno la struttura non si reggerà in equilibrio da sola. Ecco quindi che scruti disperatamente tra i vetri e, una volta trovato il dannato perno, cerchi di raccoglierlo senza muoverti: inutile allungare la mano, quindi provi ad articolare le dita del piede ma non riesci comunque ad agguantarlo. Desideri ardentemente il braccio allungabile di Carletto ma non è in dotazione, sorry, bisogna ricominciare la procedura da capo. Appoggia tutto, pulisci*, raccogli il perno e rimettiti in quella posizione da twister verticale: ripiano in testa, montanti in mano, angolare fermo col ginocchio... e perno in bocca, che non si sa mai.
Vorrei fosse messo agli atti che la successione si è svolta senza bestemmie nè parolacce.
Quando finalmente i montanti ballerini saranno fissati al primo ripiano ti sembrerà che il grosso sia passato e da lì sia tutta discesa. Eheh... Illusa! L'IVAR è un po' come il limbo: man mano che ci si abbassa arriva il difficile. E, beh, vi risparmio le mie performance di limbo casalingo, arrotolata fra il muro e il pavimento ^^'

Non vi risparmio invece il risultato finale :)



* Potrebbe succedere anche che, raccolti tutti i cocci, tu ti accorga che i sacchi della differenziata sono irraggiungibili, sotto alle scatole che sono sotto ai cesti che sono dietro alla lavatrice. Allora lasci da parte la paletta piena di vetri e te ne dimentichi, almeno fino a quando, indietreggiando per rimirare il lavoro finito, non la rovesci con una pedata. Ma francamente, bisogna essere portati a una certa sfiga per questa chicca finale: non aspettatevi di poter replicare così, come se niente fosse ;)

giovedì 8 novembre 2012

Tre anni

Tre anni fa varcavo la soglia del nido con il magone, la tremarella e una dozzina di valigie che avevo riempito a casaccio, con gli occhi velati di lacrime.
Dopo una notte insonne rannicchiata in quello che rimaneva del mio piccolo appartamento smobilitato, guardavo con malinconia il mio mondo smantellato, vuoto e irriconoscibile, sentendomi persa e smarrita come non era mai capitato prima di allora.
Tre anni fa affrontavo un trasloco lampo sotto un temporale e planavo nel cuore di una città rumorosa, fradicia e buia, sentendomi un po' straniera e molto brutto anatroccolo.
Vagavo in punta di piedi in quell'appartamento enorme e silenzioso, chiedendomi se avrei mai sentito mia quella casa che non avevo scelto, non avevo arredato e che non mi rispecchiava minimamente. E mi sembrava impossibile.
Tre anni fa suocera Gufa m'incontrava in cortile e chiedeva garrula "Allora, come si dorme in casa gufi?" dando per scontato che fossi al settimo cielo e perchè no, anche orgogliosa di essere entrata nel loro clan. Non è stato facile resistere alla tentazione di sottolineare che, a dir la verità, a casa mia dormivo benissimo e che, se non fosse stato per Owl, mi sarei guardata bene dal lasciare il mio sperduto angolo di campagna per trasferirmi in quel quartiere, per quanto elegante e centrale potesse essere.

Due anni fa il dolore del cambiamento era stato faticosamente sedato, ma preferivo evitare di pensarci per paura che riemergesse quell'ondata di sentimenti travolgenti e destabilizzanti. Il trasloco era un argomento tabù e festeggiare era impensabile. Nel perfetto rituale di rimozione, nè io nè Mr Owl avevamo ricordato la data.
Due anni fa di notte mi svegliavo ancora al passaggio del camion lavastrade e di giorno sentivo la mancanza del cinguettio dei piccoli abitanti del vecchio giardino.
Due anni fa la malinconia dell'autunno si manifestava con tutta la sua prepotenza e mentre sistemavo gli addobbi natalizi in cantina avevo ancora i lacrimoni.

Un anno fa eravamo qui 

Ieri c'era un sole meraviglioso che ci sfidava a sfoggiare il nostro sorriso migliore. L'ennesima trasferta di Mr Owl è finita prima e lui è potuto tornare a casa per festeggiare come si deve. Beh, si fa per dire: alle dieci era già sotto le coperte ^^'
Però abbiamo apparecchiato con la tovaglia (quella usata solo due volte, che le padelle sono negli angoli e non si vedono ;D) e per una volta non ci siamo affidati alle provviste congelate.



Non che le candele manchino mai a cena, ma per l'occasione ho acceso un lumino nuovo, invece dei rimasugli che riciclo di solito ;)





lunedì 5 novembre 2012

Momenti di sconforto, ma adesso ritorno

Succede, quando ti risvegli dopo un lungo ponte di ozio completo, ti rendi conto che è già lunedì e, ancor peggio, che non hai portata a termine preso in minima considerazione neanche una delle tantissime cose che ti eri proposta di fare. Perchè dormire è sacrosanto, oziare è lecito, ma quando trovi i resti dei tuoi esperimenti dolciari ancora nel lavello, la valigia di Mr Owl ancora aperta nell'ingresso ("Cosa la disfo a fare? Tanto domani riparto già"), il bagno che sembra un residuo di Halloween (vi ricordate il film "Non aprite quella porta?" Ecco, preciso) e ti rendi conto che non avete trovato il tempo di valutare i preventivi delle librerie che aspettano da un mese, beh, allora un po' di sensi di colpa sono inevitabili.
E lo sapete qual è la cosa peggiore? A voi lo posso dire, tanto non mi conoscete. La cosa che mi fa più arrabbiare è che me la sono goduta proprio: ho trascorso quattro giorni a leggere, scrivere e bere tè. E basta. Ed è stato un paradiso :)
Certo, la vaga sensazione che la resa dei conti sarebbe arrivata era sempre lì che aleggiava silenziosa ma lo sappiamo cosa si fa delle coscienze moleste, no? Zac! Si spiaccicano al muro con un colpo di martello. E si torna a dedicarsi a quello che si ama davvero. D'altra parte non si può aprire la diga e credere di poterla arginare a piacimento, non ci si può circondare di libri, farsi venire idee e pensare di non esserne rapita completamente, di voler fare qualcos'altro che non sia perdersi in storie, sulla carta o nella tua testa. Poi succede che il lunedì mattina i personaggi dei tuoi adorati libri si dissolvano e che rileggendo quello che hai scritto provi un brivido di disgusto: davvero ho scritto io questa roba? E davvero ho sprecato quattro preziosissimi giorni di festa (per non parlare della settimana precedente) per partorire questo? Ed è lì che arriva lo sconforto, in punta di piedi ma inevitabile, e ti fa nascondere la coda fra le gambe per la vergogna. E così capisci che è venuto il momento di prendere di petto questa fase creativa e infilarla di nuovo nel vaso, chiudendo bene il tappo. Eccomi, ce l'abbiamo fatta, sono tornata.


P.S. Dubito di aver scritto un post comprensibile per qualcun altro che non sia me stessa, ma adesso che ho fatto outing sto meglio :)

P.P.S Mamma pettirosso sottolinea come non sia del tutto corretto dire che ho dedicato il ponte al fancazzismo spinto. Qualcosina ina ina l'ho fatta, ovvero tanti dolci per lei e le zie venute in trasferta e questa